Qui Milano: una città quasi normale

(di Lorenzo FABBRICATORE)


C'era da aspettarselo ed alla fine eccolo qua. Il tanto temuto ospite indesiderato alla fine si è materializzato, colui che si autoinvita a cena senza che nessuno lo vuole si è presentato con una certa puntualità, sembra avere una gran fame, ma sarà poi così cattivo come tutti dicono?

Di certo il problema è serio, lo dimostra il fatto che persino il circo della serie A di calcio si è fermato. Su di esso si sono scatenate, inevitabilmente, mille polemiche e, come solitamente accade, la questione è sfociata anche in bagarre politica. Ma non è quello che ci interessa raccontare in questo momento, i talk show d'altro canto ne stanno descrivendo bene gli sviluppi.

Ciò che vi vorrei trasmettere è la descrizione di una città, di una comunità e di una intera regione che da sola rappresenta circa un terzo di tutta l'economia nazionale. Vista, questa città con gli occhi di chi da più di quindici anni la frequenta quotidianamente, ha imparato a litigarci e farci pace, ne conosce pregi e difetti, insomma la vive.

A sentire i telegiornali da qui a pochi giorni saremo tutti inevitabilmente spacciati. Io sono leggenda è nulla al confronto. Eppure, se non fosse per qualcuno evidentemente mascherinato, a vederla da vicino sembra una città normale. Questa mattina più di un milione di persone si sono svegliate, probabilmente hanno fatto colazione e si sono recate al lavoro utilizzando i mezzi pubblici o privati. Come sempre. Allora cosa c'è di nuovo? C'è, a mio avviso, la sensazione altrui che siamo ormai una caterva di zombie o, per usare una espressione nota, 'cadaveri che camminano'. L'ordinanza regionale di chiusura di tutti i locali pubblici, delle scuole, delle attività sportive è sacrosanta, servirà ad arginare sicuramente il fenomeno del contagio, ma da fuori viene percepita al contrario, ossia 'li' ormai sono tutti ammalati'. Se questa pericolosa psicosi pervaderà il paese sotto forma di istinto primordiale di paura sarà il nemico più grave da affrontare, forse più dello stesso virus. E ciò per due motivi:

1. Le restrizioni immediatamente messe in atto dalla regione servono a garantire che le persone presenti all'interno dei focolai accertati siano tenute sotto controllo per un determinato periodo di tempo a garanzia appunto che coloro che vivono al di fuori di tali aree non corrano il rischio di essere contagiate, ma ricordiamoci che la stragrande maggioranza di quelle persone sono sane e probabilmente non contrarranno mai la malattia;

2. La psicosi incontrollata di paura che oggi dilaga nei confronti delle regioni del nord un domani potrebbe amplificarsi incontrollatamente e riversarsi su altre aree del paese laddove vi dovessero essere ulteriori casi di contagio. Ciò non aiuterebbe nessuno e neanche le stesse strutture sanitarie.

La paura è una sensazione efficace nell'essere umano. Essa ci tiene all'erta, vigili, aumenta la nostra percezione del pericolo e produce l'adrenalina che preserva l'istinto di conservazione della specie. E fin qui ci siamo. Essa però diventa un problema quando diventa incontrollata, quando sopra avvale su un'altra capacità dell'essere umano che è quella della ragione. In questo caso essa induce a scelte irrazionali, convulsive, le quali appaiono a chi ne è artefice come l'unica soluzione possibile ad un pericolo.

Senza voler far polemiche mi sembra tuttavia che la decisione autonoma di alcune regioni del sud di imporre quarantene sulla base di semplici appartenenze territoriali siano dettate, nella migliore delle ipotesi, da una forma di paura convulsiva ed incontrollabile.

Milano è una città che sta affrontando un problema serio con provvedimenti drastici, iniziative di restrizioni i cui effetti speriamo si rilevino efficaci nel più breve tempo possibile. E' allo stesso tempo una città molto generosa nei confronti di tutti e sopratutto di tanti ragazzi meridionali che ogni anno vi si recano per trovarvi lavoro, senza contare, poi, di quanti coloro annualmente vi si recano per curarsi scappando da altre regioni dove la sanità sa produrre solo disastri. Quello che è certo è che una prima vittoria l'ha conseguita: quella contro la paura.

Qualcuno tempo fa cantava: 'Milano che come un uccello Gli sparano Ma anche riprende il volo'

Vi informerò sull'evolversi dei futuri sviluppi.



 

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