(di Lorenzo FABBRICATORE)
In questi giorni di trincea di un evento che viene ormai definito dalla stampa globale palesemente come 'guerra', molti gesti sono diventati tragicamente usuali. Nel corso della giornata infatti si è purtroppo chiamati più di una volta a dover porgere messaggi o telefonate di condoglianze a persone di conoscenza che hanno perso i propri genitori o qualche caro, puntualmente portato via dal mostro.
Anche i gruppi di WhatsApp, all'inizio euforici e pieni di vita e di energia, vanno via via assumendo caratteri più tristi e dimessi, non c'è membro infatti che non sia stato toccato, direttamente o indirettamente da questa tragedia.
Questo è ciò che accade ormai quotidianamente, questa è la normalità per chi vive nell'occhio del ciclone.
Finché i numeri si ascoltano in TV sembra un avvenimento lontano, che non ci riguarda da vicino, quando invece fai i conti con la scomparsa di persone che conoscevi, che sai che erano in perfetta salute e che purtroppo non ce l'hanno fatta, i numeri assumono un senso diverso.
Il nemico ha saputo allontanare le persone, allontanare i malati dai propri cari, le stesse persone si guardano con sospetto, gli stati si azzuffano per una partita di mascherine o di disinfettante. È una tecnica di guerra nota fin dall'antichità e va sotto il nome di 'divide et impera'. La divisione di chi deve combattere l'avanzata di un esercito invasore rende più fragile la stessa resistenza, a volte poco coordinata ed è più facile commettere errori o passi falsi, dando così all'altro la possibilità di guadagnare terreno prezioso ed incrinare il fronte.
Ma una guerra non si vince solo con chi è costretto a stare in prima linea. Tutti devono fare la loro parte. Così quando le prime linee sono ormai allo stremo, quando il numero delle perdite è così elevato da renderle costrette a ripiegare, quando le energie dei combattenti stanno per esaurirsi, proprio in quel momento diventa indispensabile il supporto delle retrovie, di chi fino a quel momento non è stato attaccato con la stessa violenza e, quindi, ha una maggiore capacità di reazione.
L'Italia di questi giorni vive esattamente questa situazione. Purtroppo le regioni del Nord, pur avendo un sistema organizzativo, sanitario e decisionale efficientissimo, hanno subìto l’attacco nemico con una tale irruenza da essere paragonate al fronte di una vera guerra, come tutti amano definirla. Le maggiori sconfitte della storia militare sono accadute però quando, esaurite le forze degli avamposti, le retrovie non sono state in grado di alimentarli con nuovi uomini, attrezzature e viveri. Così le migliori vittorie si sono avute quando queste linee di approvvigionamento hanno funzionato, è allora che la continuità della guerra viene garantita e la tenuta del fronte non è messa in discussione, impedendo così all’esercito avversario di dilagare.
Lo scenario che si delinea in Italia è dunque paragonabile, a quello di una strategia militare. A mio avviso non si tratta di una guerra, essa è un’altra cosa e comporta atri tipi di sacrifici. Però il senso è quello ed i mass media non lesinano paragoni con essa. Per cui a questo punto, visto ciò che sta accadendo al Nord, essa potrà essere vinta se si verificheranno determinate condizioni che chiameranno inevitabilmente ad essere interessate le regioni del Sud che attualmente rappresentano le famose seconde linee.
- Il senso di responsabilità e la consapevolezza di ogni cittadino non deve indurre alcuno a commettere “sciocchezze” sotto il profilo dell’ordine pubblico e del rispetto assoluto delle leggi in vigore, ciò determinerebbe infatti un ulteriore problema da gestire che si andrebbe a sommare all’attuale situazione difficile;
- Le strutture sanitarie ed i loro responsabili hanno il dovere di essere pronti a dare man forte a quel fronte avanzato di cui si è parlato prima. Come? A più di quaranta giorni dal primo caso accertato di coronavirus in Italia esse hanno avuto tutto il tempo di organizzarsi, laddove il fronte era ancora lontano, e di prendere i dovuti provvedimenti in caso esso dovesse avvicinarsi. Se così non è stato fatto, alla luce di ciò che sta succedendo, si è fatto un grave errore al quale bisogna rimediare immediatamente prima che sia troppo tardi.
- La quarantena forzata, scattata in tutto il paese ormai più di venti giorni fa, ha fatto sì che l’onda dell’avanzata fosse smorzata dal Nord verso il Sud, quindi differendo con maggior incisività l’arco temporale che intercorrerebbe fra i numerosi contagi delle regioni settentrionali e quelli, speriamo pur sempre limitati, che vi dovessero essere al Sud. Sarebbe una follia non saper sfruttare questo vantaggio e quindi, arrestando l’avanzata in maniera efficace.
In sintesi ciò che è chiamato a fare il Sud nei prossimi giorni, se non nelle prossime ore, è un impegno forse ancor più delicato e determinante di quello che attualmente si sta facendo al Nord. Esso potrà dimostrare senso di unità, di solidarietà e di continuità dei sacrifici e della battaglia iniziata a Nord se saprà raccoglierne i risultati e contenere quanto più possibile l’epidemia mediante gli accorgimenti descritti. Allora si potrà veramente parlare di unità nazionale contro un nemico comune e ne potremo uscire tutti a testa alta.