(di Rosario LOMBARDO)
Da non storico e non politologo, ma da scribacchino matricolato sono molto attento (per quello che posso) nel guardare ai processi storici ed alle evoluzioni /involuzioni della politica, cercando di carpirne la loro linearità, sebbene arzigogolata e a volte caotica, tosto cri(p)tica. Non sempre l’orizzonte degli eventi m’appare chiaro, il futuro si nega in un tabù, il passato s’insinua in uno stillicidio revanscista-negazionista o nel migliore dei casi mestamente revisionista, l’eterno presente si espande e deflagra in un entertainment (infotainment?) semplice e (im)puro. Natura non facit saltus recita una sentenza latina e sebbene il triste spettacolo della politica ci abbia abituato a salti tripli ed in lungo e a perigliosi salti al buio e/o nel vuoto, l’horror vacui è un lusso imperdonabile, nella convinzione e/o presunzione di non riuscire a credere all’esistenza e così individuare tosto l’homus novus di turno. Al di là dei parvenu e dei novizi, delle epifanie e delle ubiquità, la politica negli ultimi anni ci ha abituati a gregari che hanno assunto un ruolo di biliosi capipopolo o boriosi caporioni, peones per di più, avventizi segnati a (mena)dito.