(di Rosario LOMBARDO)
All’inizio fu il verbo, poi vennero attributi e attribuzioni, apposizioni, opposizioni e rendite di posizione di un vocabolario di parole vuote, svuotate, sventate, senza significato alcuno. Parole paravento, parole passe-partout, parole crivello o parole manganello a seconda dell’occasione, delle intenzioni, dell'inclinazione della discussione. Provatevi voi a dare un senso universale, inequivocabile ma comunque efficace alla parola cultura, alla parola democrazia, alla parola politica, alla parola umanità, alla parola...! Quanti ghigni e sogghigni, quante note stonate e suoni inarticolati, quante licenze e rutti in libertà. E scemenze, indecenze e vie di fatto. Perché ne uccide più la penna che la spada. E quante sparate a salve! E la favella? Quanta sfrontatezza e sguaiataggine, urla e grida, rampogne, zampogne e menzogne in privato e in pubblica piazza. Per non parlare dei gesti che alle parole si accompagnano in una mimica esagitata di lingue, linguacce, ombrelli, diti medi e pertugi (s)figurati. Senza lambiccarsi il cervello, senza arrampicarsi per grondaie, greppi o specchi, senza porre tempo in mezzo. A forza di non mirare al cuore del problema, a forza di avere punti di vista inossidabili o argomenti sempre appropriati al proprio arco, a forza di usare cerbottane e sputi o dita nell’occhio e di tirar dritti alla meta. Acquattandosi fra frasi fatte e sentito dire: l'ha detto la televisione, l’ho letto da qualche parte, l’ho sentito con queste mie sante orecchie. …Eternamente impigliati nella rete, in attesa di…, fra il gusto della battuta facile, la condivisione, la mondovisione, la fretta cattiva consigliera. Iperconnessi e in disaccordo con tutti/i desideri inespressi dove si sono nascosti? E le parole, distanti, inutili come vestiti smessi, troppo larghi o troppo stretti, consumati dal tempo e dagli accidenti, ammonticchiati lì a raccattare polvere e ragnatele e/o nemmeno un briciolo d’attenzione.